Spore è un opera di Sound Art che prende le spoglie di una camminata. Una pratica di ascolto
immersivo nello spazio che si muove come un organismo poroso. Non è un percorso lineare, ma un
attraversamento sensoriale, un’esperienza acustica che invita il corpo ad abitare l’ambiente come
parte di una rete, una maglia vibrante di relazioni. Non si tratta di orientarsi o interpretare: si tratta
di stare dentro. Di sentire i limiti del sé confondersi con quelli del paesaggio.
Non guida, non insegna. Sospende.
Lascia che sia il suono a formare le soglie, i passaggi, le domande.
Il paesaggio sonoro che si esplora è composto da tre ambienti – antropofonico, biofonico e
geofonico – che si susseguono ma si contaminano, si sovrappongono. Il suono non è solo un
elemento percettivo, ma una forma di connessione. Un modo per avvertire la co-presenza, la co-
esistenza, la reciprocità tra umano, vivente e mondo.
-Antropofonia - il rumore della presenza
Il primo ambiente raccoglie i suoni prodotti dall’attività umana.
Non sono rumori da eliminare o disturbi da correggere: sono testimonianze.
Motori, passi, voci, strutture, frizioni.
Tracce, frasi, meccanismi, macchine: l’umano si fa suono, si fa sistema.
Ascoltarle è un modo per riconoscere la propria incidenza sul mondo, riconoscersi co-autori del
paesaggio, non come entità separata.
In questa fase, la soundwalk diventa una riflessione incarnata sul modo in cui abitiamo lo spazio.
-Biofonia - il ritmo dell’ altro vivente
Insetti, uccelli, animali, vegetali.
L’ascolto qui è simbiosi, è permeabilità e richiede attenzione sottile, disponibilità all’alterità.
Non si è al centro: si è ospiti temporanei di una rete sonora che esiste a prescindere dallo sguardo umano, e che manifesta la propria intelligenza senza parole.
Questa dimensione invita a decentrarsi, a percepirsi come un corpo tra altri corpi, tutti agenti, tutti rispondenti.
-Geofonia - il corpo del mondo.
L’ultimo ambiente raccoglie i suoni non-biologici del mondo: vento, acqua, pietra, elettricità.
Qui si fa esperienza del paesaggio come materia attiva, come corpo che suona, che vibra, che
partecipa. Qui si ascolta il tempo profondo, il movimento delle forze, la vibrazione delle cose prima del pensiero.
Il suono non è più solo percezione, ma relazione fisica.
Camminare ascoltando geofonie è come sintonizzarsi con una memoria più antica, più lenta.
È un invito a rallentare, a sentire il tempo lungo delle cose, dei cicli, dei mutamenti.
Spore propone un’esperienza dove l’ascolto diventa strumento di relazione ecologica,
di consapevolezza sensoriale e politica.
Non c’è nulla da “capire”: c’è da sentire, da stare, da essere attraversati.
L’opera vuole stimolare un ascolto che non si limiti all’udito, ma coinvolga tutto il corpo. Un
ascolto che non giudica, ma accoglie. Un ascolto che rivela l’ambiente non come sfondo, ma come
presenza attiva con cui siamo in dialogo costante.